Di recente, a una fiera, ci è capitata una cosa curiosa. Un ragazzo giovane ma non troppo ci si è avvicinato e ha chiesto che vini producessimo. Eravamo in uno stand comune con altre cantine di tutta Italia che producono vini biologici e, in effetti, la cosa non era affatto evidente. Alla mia risposta “Sangiovese di Romagna” ho visto l’entusiasmo del ragazzo spegnersi leggermente ed è stato chiaro che lui cercava “i grandi vini rossi“. I vini pregiati o blasonati, per intenderci. Ed ecco che arriva, come un lampo, il commento sul Sangiovese che, a suo supporre, non era un vitigno capace di dare vini così potenti e importanti come quelli che lui voleva degustare quel giorno. Il fatto che un Millennials non abbia chiaro che cos’è il Sangiovese mi ha spinto a scrivere questo articolo. Forse qualcuno sceglierebbe, in assoluto torto, di “vendere a qualcun altro”, ma io penso che è dal diffondere cultura che si deve partire. Poi credo che la cultura, dal punto di vista di un produttore, sia affrontata in un modo che può “aprire gli occhi” su questo splendido vitigno.

Prima ancora di parlare delle caratteristiche e delle potenzialità di queste uve, vorrei ti concentrassi su un dato: sai che l’8% della superficie viticola italiana è coltivata a Sangiovese? Certo, 10 anni fa era l’11% e c’è stato un ridimensionamento importante soprattutto causato alla riscoperta delle varietà autoctone -perchè il Sangiovese non è certo autoctono in ogni regione italiana-, ma non è di questo ridimensionamento che ti voglio parlare. In Italia abbiamo un patrimonio ampeleografico enorme, unico al mondo. Su 600 vitigni ripartiti in oltre 625mila ettari di vigneto, l’8% significa essere il vitigno più coltivato d’Italia. Giusto per darti un termine di paragone, si legge ovunque che la produzione di Prosecco è enorme. Ecco il Glera, il vitigno da cui si ottiene il vino Prosecco, occupa il 4% del vigneto italiano. La metà esatta. Praticamente in Italia, da Nord a Sud, ci sono 55mila ettari di Sangiovese. Fatta eccezione del Trentino-Alto Adige, della Liguria e della Valle d’Aosta, il Sangiovese è presente in proporzioni variabili in ognuna delle regioni italiane. Tuttavia un ettaro di sangiovese ha un valore tremendamente diverso a seconda della regione in cui si trova. Per fortuna in provincia di Bolzano non si coltiva Sangiovese: con un costo per ettaro di oltre 300.000€ ci sarebbe davvero da interrogarsi su cosa accade a Medio Campidano, dove un ettaro di Sangiovese costa poco più di 10.000€ e si producono degli interessanti IGT Sardegna.

Questi pochi dati ci fanno capire che il Sangiovese ha un valore molto diverso e questo valore è strettamente legato alla zona. E la zona ci dà un’indicazione precisa sull’Indicazione Geografica o sulla Denominazione di Origine, DOC o DOCG che sia. C’è però un secondo dato interessante in questa riflessione che riguarda le nostre latitudini: in Emilia Romagna un ettaro di sangiovese vale 47.000 € mentre in Toscana sono 55.000€. Due valori vicini, affini, attigui. Eppure in Romagna il Sangiovese si chiama Sangiovese di Romagna, località che nel mondo del vino non ha la stessa attrattiva delle discoteche della Riviera, mentre in Toscana si chiama Brunello di Montalcino o Nobile di Montepulciano. E un vino solo perchè è “nobile” non ti dà un’idea di costoso, di esclusivo?

Ora, a seconda che sei un appassionato, un sommelier o un operatore di settore romagnolo od esotico, avrai pensato nel primo caso che la Romagna notoriamente a fare marketing è brava più sul turismo che sul vino, mentre nel secondo caso vorresti bacchettarmi sul fatto che il Sangiovese non è tutto uguale, ma può essere “grosso”, “piccolo” più altri 88 cloni diversi di quest’ultimo che lo portano ad essere autorizzato in ben 13 regioni italiane e raccomandato in altre 2. Stop, non ci interessa al fine della nostra riflessione: cito testualmente l’indagine di Cosmo: Quanto al “Sangiovese dal cannello lungo” (“Sangiovese romagnolo”), la sua identità con il “Sangioveto grosso” può essere senz’altro affermata, anche se germoglia un po prima di questo vitigno: unica caratteristica differenziale da noi riscontrata”. Perfetto, è ufficiale: il Sangiovese romagnolo è sangiovese grosso. Tra i sinonimi di sangiovese grosso indovina un po’ chi c’è in provincia di Siena? Proprio lui, Brunello! Da qui Brunello di Montalcino.

Se si chiamassero “Sangiovese di Romagna” e “Sangiovese di Montalcino” ti sembrerebbero più vicini come potenzialità e prezzo? Ricordo una frase di Romeo e Giulietta che dice, più o meno: “una rosa, anche con un altro nome, manterrebbe inalterato il suo profumo e le sue spine”. Shakespeare aveva indubbiamente torto, o semplicemente viveva in un’altra epoca! Secondo me se si chiamasse “Brunello di Romagna” te lo pagherebbero serenamente le 10 volte senza battere ciglio… poi è vero che il suo profumo sarebbe lo stesso. O ti sembrerebbe più buono, con quello che ti è costato! Del resto la Regina Elisabetta ha bevuto Brunello di Montalcino in quel famoso pranzo che cambiò per sempre la storia del celebre vino toscano e non Sangiovese di Romagna!

E vogliamo parlare della “mecca enologica californiana”, la Napa Valley? Vediamo se indovini a quale vitigno deve i suoi famosi vini… Chardonnay? Cabernet Sauvignon? Certo, ma anche e soprattutto il Sangiovese, solo che semplicemente se ne parla di meno! Già sento una vocina tremula e poco convinta, dal fondo della classe, bisbigliare “è il terreno, è il clima…”. Ma l’ultimo bastian contrario lo sa che esiste una regione storica e geografica che si chiama Romagna Toscana che si sono spartite principalmente la provincia di Forlì e quella di Firenze nel 1923

Insomma, che in Romagna si chiami Sangiovese e a Montalcino si chiami Brunello è una curiosità geografica. Un caso. Un dialetto. Una bischerata. Il fine della mia riflessione è fare capire a tutte le generazioni, ma in particolare ai Millennials che sono i nostri principali consumatori per i prossimi vent’anni, che il Sangiovese di Romagna è un grande vino, uno di quei vini che nelle fiere merita di essere assaggiato, per capire le varie interpretazioni di noi produttori. Che sia maturato in cemento, anfora, botte grande o barrique, il Sangiovese di Romagna è un vino con potenzialità enormi sia di struttura sia di invecchiamento e non ha nulla da invidiare ai più blasonati cugini toscani. Al più sta a noi produttori essere coesi in un progetto di qualità e di diffusione di questo vino rosso straordinario.